Vincenzo Lunardi Balloon Club
Lunardi: profilo storico tracciato
da Marco Majrani

Vincenzo Lunardi, segretario dell’ambasciatore a Londra del Regno di Napoli, nato in provincia di Lucca, fu uno dei più grandi pionieri dell’aerostatica e, di conseguenza, dell’aeronautica. Compì il suo primo volo in Inghilterra, volo che fu anche il primo volo umano in assoluto in quel paese.
L’evento avvenne a Moorfieds, presso Londra, il 15 settembre 1784, alla presenza del Principe di Galles. L'aerostato conteneva 570 mc di idrogeno ed era pilotato proprio da Vincenzo Lunardi. Con l'aeronauta, nella navicella presero posto un cane e un gatto e un piccione. Secondo la stima di Lunardi, l'aerostato salì a 4 miglia di altezza (6500 metri). Crediamo che questa valutazione fosse ingannevole; di certo il gatto soffrì molto il freddo, tanto che Lunardi lo depose a terra e riprese subito il volo, che si concluse dopo due ore e un quarto dal primo decollo. L'aeronauta compì numerose altre ascensioni, divenne molto noto e fu ammesso alla presenza di Re Giorgio III. Due anni dopo, però, perse la sua popolarità in seguito alla morte di un membro del suo equipaggio, che fu trascinato in aria durante le fasi finali del gonfiaggio e cadde sfracellandosi.

Lunardi dovette allora lasciare l'Inghilterra e tornare in Europa, dove continuò i suoi voli fino al 1806. A Standon, Herts, dove atterrò al termine del primo volo, fu eretto un monumento all'illustre lucchese. Su di esso appare un'iscrizione che dice: "Sappiano i posteri, e stupiscano, che il 15 settembre 1784 Vincent Lunardi da Lucca in Toscana, primo viaggiatore aereo in Gran Bretagna, si innalzò dall'Artillery Ground e attraversò la Regione dei Venti per due ore e quindici minuti. Questo monumento ricorderà questa grande impresa consentita dalla forza della chimica e dal coraggio dell'uomo...per eterna gloria".

Lunardi in Italia
Tutt'altro che tragica, anzi esilarante e beffarda, fu l'esperienza compiuta da Lunardi a Roma l'8 luglio 1788. L'aeronauta era reduce da numerose ascensioni sul suolo inglese, ma in Italia non aveva ancora avuto troppa fortuna, avendo precedentemente fallito due volte a Napoli e a Lucca, sua città natale. A Roma, Lunardi organizzò un'ascensione con partenza dall'anfiteatro Còrea (l'antico Mausoleo di Augusto, nel rione Campo Marzio), alla quale anche Papa Pio VI avrebbe assistito dal Quirinale, a quel tempo residenza estiva dei Papi. Il suo aerostato ad idrogeno, detto "lunardiera", presentava innovazioni rispetto alla "charlière", avendo forma a pera e un cerchio di sospensione che tratteneva la rete al di sotto dell'involucro e la raccordava ad una tavola rotonda sulla quale prendeva posto l'aeronauta. Ultimati i preparativi, Lunardi montò sulla tavola ma il pallone, gravato da un peso eccessivo e forse insufficientemente gonfiato, non riusciva ad innalzarsi. Il pubblico, che aveva pagato profumatamente, iniziò a rumoreggiare spazientito. A questo punto, il colpo di scena! Un individuo di piccola statura, certo Carlo, "Carletto" Lucangeli, scenografo teatrale, salì polemicamente sulla tavola, come per dimostrare che col suo scarso peso, l'aerostato sarebbe stato in grado di alzarsi. Una improvvisa raffica di vento, una manovra avventata delle corde, o forse una malizia di Lunardi e il pallone iniziò veramente a salire, sotto gli sguardi attoniti degli spettatori e dello stesso Lunardi. Il pubblico, dopo un attimo di sbandamento, esplose in un'ovazione, mentre il povero Lucangeli, atterrito, saliva così in alto "talché Roma sembravagli un campo seminato di pezze bianche come calcinaccio e il Tevere un filo sottilissimo". Il globo volò per un quarto d'ora, quindi discese nell'orto di Santa Potenziana in Via Urbana, dove l'uomo si aggrappò ai rami di un fico e scese a terra tremante ma sano e salvo. La vicenda ispirò molti poeti vernacolari ma anche Vincenzo Monti, che già aveva scritto un'ode "Al Signor de Montgolfier", e che dedicò a Lucangeli due sonetti: "Sul debil asse lanciatosi d'un salto.. il volator romano, e lieve in alto per l'attonito e bruno aer si caccia". Assai meno raffinati, ma certo più espressivi, i due versetti che apparvero sulla statua di Pasquino in Trastevere, tradizionale ricettacolo della satira vernacolare: "Restò Lunardi a terra come un ciuccio, e andò con Giove a ragionar Carluccio".
Dopo le avventure romane, Lunardi si esibì nuovamente a Napoli, dove effettuò la prima ascensione il 13 settembre 1789. Secondo la biografia pubblicata a Lucca nel 1909 dallo storico Eugenio Lazzareschi, in occasione della prima ascensione, Lunardi ebbe l'onore di avere come spettatori il re Ferdinando IV con la consorte Maria Carolina d'Asburgo. Il pallone decollò dal maneggio del Palazzo Reale, salì a circa seimila metri di quota e restò in volo per un'ora e quindici minuti, atterrando a Capodrise. In una lettera del 15 settembre 1789 a un amico romano, Lunardi fa una completa e straordinaria narrazione di questo volo, compilando quella che possiamo considerare come una delle primissime relazioni aeronautiche della storia: "Era già passata l'ora da me stabilita per la partenza, ed il globo non era ripieno la metà. La compiacenza che questi amabilissimi Sovrani dimostravano in osservare la manovra da' balconi del regio palazzo, era l'unico conforto alla mia penosa situazione, che andava crescendo a misura che passava il tempo. Un'ora dopo quella da me destinata, trovato che il globo potea portarmi in aria con tutto il bisognevole, andai immediatamente a prendere licenza dalle Maestà loro. A 45 minuti pomeridiani entrai nel mio carro con un peso di circa 70 libbre in sacchetti d'arena, ancore, corde, provvisioni ecc. ecc. Richiesi le due gran bandiere l'inglese e la napoletana per spiegarle ad una certa elevazione, ma avendomele malamente situate, caddero immediatamente, appena cominciai ad innalzarmi...Siccome ascendevo con rapidità, presto mi posi il cappello, seguitando i saluti con la piccola bandiera di Sua Maestà... Non era levato appena mille piedi quando restai incantato in osservare la scena, che si presentava sotto di me del tutto nuova, da quante avevo vedute in altre capitali della Gran Bretagna e della Scozia. Sembravami Napoli composto di tante piccole piazzette, tutte ricoperte d'anime viventi. Erano queste i lastrici, o siano terrazzi, su de' quali erano saliti gli abitanti delle rispettive case. Nell'innalzarmi maggiormente, principiando a perdere di vista gli individui, queste piazzette sembravami tanti giardinetti sparsi di fiori verdi e rossi, c'erano i diversi ombrelli con i quali si riparavano dal sole. Mi distolsi poi da sì incantevole scena, osservando che il globo prendeva la via del mare. Allora fu che vuotai il primo sacchetto di libbre 8 d'arena, lo che mi fece salire con maggiore rapidità... A 16 minuti dopo l'una il barometro, che nel partirmi era all'elevazione di pollici 27, e linee 9, lo vidi disceso che marcava pollici 11 e linee 8. Quindi la differenza, che è di linee 142, calcolata secondo il metodo di Cassino, corrisponde a circa miglia tre e mezzo di elevazione. Ed in seguito osservai il termometro, e vidi che marcava 34° di Farheneit, corrispondendo a 1° di Reaumur, cioè linea una prima di arrivare alla congelazione... Principiai ad avere freddo, e bisogno di confortarmi lo stomaco. Aprii un canestrino delle provvisioni, mandatomi dalla mia rispettabile amica la signora Morichelli; e non potete credere, caro amico, quanto ebbi motivo di ringraziarla, allorché ritrovai in esso tutto ciò che potea mai bramare per un'aerea refezione... Entrai in una piccola nuvola, e nel passarla vidi flottare al quanta neve attorno al globo... A 22 minuti dopo l'una da quell'altezza potei discerner benissimo la celebre fabbrica del regio palazzo di Caserta... All'una e mezzo in punto sentii uno strappo nel globo, e mi comparve in un istante un'apertura di circa tre canne di lunghezza... il globo incominciò a discendere, e avendo supposto che ci fosse stato alcuno che mi osservasse con telescopio, mi posi di nuovo in piedi sul carro giuocando la bandiera; poi vuotato il rimanente di una bottiglia di vino entro un bicchiere, gli feci un brindisi...Quaranta minuti dopo l'una entrai dentro densissime nubi che mi tolsero la vista di tutto. Il passaggio di queste durò un minuto, ed appena ritornato alla luce, tutti gli oggetti in terra principiarono a rendersi visibili. Saltai immediatamente sopra il sedile del carro; e vedendo che molti da un paese popolato in truppa correvano ad incontrarmi, gli diedi la voce con la tromba... Gettai la bandiera, che aveva il manico di canna, e cadde molto prima del globo. Questa cosa m'assicurò che non potea farmi danno nello scendere. Appena le ancore toccarono terra, io gettai tutte le sacchette d'arena in un colpo, e le corde dell'ancore si attraversarono ad un frondoso pioppo, su del quale io rimasi col mio carro. Il globo così senz'aria, parte ricoprì l'albero, parte la terra".
Dopo un'ascensione a Palermo, che si concluse con un tuffo in mare a una trentina di chilometri dal punto di partenza dopo un'ora e tre quarti di volo, Lunardi tornò a Napoli dove, il 24 agosto 1791, effettuò una seconda ascensione. Nella supplica rivolta al Re per poter volare nuovamente a Napoli, Lunardi promise più di quanto avrebbe potuto mantenere, e cioè non solo di eseguire il viaggio radente la campagna ma di "scendere più volte in terra e risalire in aria a seconda dei comandi e segnali che alla Maestà Vostra piacesse ordinare che fossergli fatti". Il modesto risultato della precedente esperienza fece sì che pochi spettatori accorressero allo spettacolo, con grave perdita per il Lunardi, che aveva speso 2500 ducati per la preparazione. Salito nella navicella verso le 16, l'aeronauta, ardito come di consueto, nonostante spirasse un forte vento e il cielo fosse tempestoso, dopo essersi perso tra le nuvole a grande altezza, verso le 18 scese incolume in mare, a circa 13 miglia al largo di Capri, dove a stento fu salvato da alcuni marinai mandati in suo aiuto con le lance reali.
Dopo questa seconda esperienza napoletana, Lunardi fu ancora sfortunato protagonista a Milano, quindi se ne andò in volontario esilio in Spagna e Portogallo, dove compì ancora con successo tre ascensioni a Madrid e Lisbona. Dopo tante rocambolesche avventure, Vincenzo Lunardi morì di malattia nel 1799, nel convento dei Cappuccini italiani di Lisbona, non ancora quarantenne e senza ottenere in patria i riconoscimenti che certo avrebbe meritato.


 
 
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